Qualche anno fa andava in onda un telefilm sulla chirurgia
estetica i cui episodi iniziavano, ogni volta, così:”Mi dica cosa non le piace
di se stesso” o “di se stessa.”
Ed è strano come, quasi sempre, i pazienti non
rispondessero:”Il mio naso. Il mio seno. Il mio addome…”, bensì:”La mia
stupidità. La mia età. Il mio passato…”
Carattere e tempo, ossia genetica e fatti, traumi, errori, ai
quali il bisturi non può certamente rimediare. Chiaro, direte voi, se fosse
così semplice saremmo tutti dal chirurgo estetico a farci rimodellare il
cervello, e non qui, davanti al computer, a leggere una rubrica che,
oltretutto, non alleggerisce i problemi.
Eh, lo so. Piacersi è una sfida continua. Il nostro corpo ci
impone manutenzione e, nel migliore dei casi, un po’ di ginnastica, una
spolverata di quei pigmenti tossici che chiamano trucco… E comunque, davanti
allo specchio, non ci si ritiene mai “abbastanza”. Non voglio scatenare
psicosi, ma il “dentro” è ancora peggio: nonostante la fede, la forza che si
cerca di farsi, le illusioni, lo yoga e tante buone parole… siamo sempre
insoddisfatti. Un parte della nostra anima non ci piace mai, forse perché non
la conosciamo veramente, o perché, una volta compresala, vi auto-indulgiamo.
Credo non sia un caso se, infatti, sono più donne che uomini
a rivolgersi ai chirurghi. E’ come se, oltre ad essere circondate da stimoli
visivi che ci propongono –e propongono agli uomini- modelli di bellezza
irraggiungibili senza la punturina di botox, noi donne fossimo anche un po’ più
esigenti nei confronti di noi stesse. Fuori come dentro, non ricerchiamo che la
perfezione: questo fa paura, soprattutto agli uomini.
Una donna vive nella costante pressione di aspettative
esagerate, che un tempo la volevano ottima moglie e madre, e casalinga perfetta,
full-time, efficiente. Ora, a queste aspettative si sono aggiunte quelle che
riguardano gli studi, il lavoro, l’essere multitasking.
Multitasking un corno!!!
Non siamo passeggini a cui applicare grosse sacche di latte e
di calore: quelli sono i canguri e su di loro non gravano aspettative da premio
Nobel. Il nostro corpo non è eterno, indistruttibile ed infinitamente
funzionale. Non siamo una scatola suddivisa in compartimenti stagni –mani per
scrivere, capelli per risplendere, gambe per andare… ma solo sui tacchi. In noi, tutto è collegato, gli organi, il
sangue, le cellule… L’interno è separato dall’esterno soltanto da un sottile
strato di pelle; le nostre emozioni sono a stento trattenute dal colore del
viso; la paura trapela dallo sguardo.
Complicato, vero? Il nostro io è una cosa davvero
spettacolare, non inferiore a tutte le altre manifestazioni della natura, nei
suoi colori accesi e nelle sue armonie indescrivibili.
Come si fa a rinunciare alla bellezza?
Credo sia una cosa a cui le persone aspireranno sempre, così
come ricercheremo il piacere.
E la vita è così corta, che non credo sia giusto lasciarsi
sfuggire le occasioni di stare bene.
Esteta, edonista… se vi state chiedendo se oggi mi sono fatta
una canna, sappiate che il mio problema è molto più grave: sono così di natura.
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