martedì 18 giugno 2013

Una storia... così

I libri della vita




Questa è una storia così, come la volete voi, proprio come potreste desiderare che sia una storia.
Le parole sono volatili, ognuno può leggerle a suo modo ed amarle ed onorarle o disprezzarle tanto da volerle distruggere. La magia che il grande scrittore riesce a ricreare si manifesta quando le parole di lui o di lei ci conducono in un altro mondo, in un’altra vita, una vita che subito diventa la nostra.
Ma poiché io non sono una grande scrittrice, non aspiro a ricreare questa magia, quindi vi racconto semplicemente una storia… così.

Una bambina di sette anni, a cui piaceva molto disegnare, ricevette in regalo da una vecchia zia un libro dalla copertina blu, la cui immagine frontale raffigurava un albero e due paia di gambe –con i piedi attaccati- che penzolavano da un ramo.
La storia di Andi e della sua immaginaria Nonna sul melo piacque infinitamente alla bambina, perché lei aveva una vera nonna (assai diversa da quella del libro) e non aveva mai immaginato la sua vita senza quella presenza profumata di borotalco e di tempo. La finzione del libro le imponeva l’obbligo di pensare bene a tutto ciò che era reale e di iniziare a comprenderne le sfumature, dando ad ognuna un valore. La vecchia zia, nel momento in cui le aveva regalato il primo libro, le aveva fatto anche un altro incommensurabile dono: la possibilità di crearsi un’opinione.

La bambina di sette anni ancora non sapeva cosa significasse questo evento per lei, ma sentiva che la situazione doveva evolversi ed il passo successivo, combinato come per un matrimonio dagli astuti genitori, fu quello di recarsi nella biblioteca del paese.
La biblioteca si trovava al primo (o al secondo?) piano di un palazzo antico ed era governata da un anziano intellettuale dall’odore forte di camicia e di polvere. Egli cercava e appuntava libri e prestiti su un registro di straordinarie dimensioni, che apriva con un tonfo e richiudeva gelosamente non appena terminate le operazioni. La bambina fissava ipnotizzata l’insieme, percependo appena i particolari –il rado mobilio, i soffitti altissimi, perfino l’odore-, perché la sua attenzione era stata catalizzata sin dal primo passo dagli scaffali carichi di libri.
Dopo una breve ricerca tra i testi per bambini, che vennero giudicati insulsi e pure un po’ tristi, la bambina si volse a un armadio in cui i libri erano ammucchiati senza classificazione. E l’occhio le cadde su uno spesso volume rosa dall’aspetto sdrucito: qualcuno doveva averlo letto e amato molto, così la bambina lo trascinò fuori dalla scaffalatura e si mise a sfogliarlo, lì, sul pavimento fresco della biblioteca.
La raccolta completa del fumetto Mafalda la stregò tanto che, il Natale seguente, la famiglia gliene regalò una copia tutta per sé, nuova, grossa e pesante come quella della biblioteca (che ormai reclamava da mesi la restituzione del volume rosa).
Grazie a Mafalda, la nostra bambina conobbe la politica, la rivolta sociale, l’ingiustizia e il desiderio di giustizia, l’ironia, il sarcasmo,il femminismo, i Beatles. Il bibliotecario, però, permettendole di prendere in prestito quel librone di fumetti, più indicato per gli adulti che per i bambini, le aveva fatto anche un altro grandissimo regalo: la libertà di scegliere. E scegliere di leggere ciò che voleva fu l’involucro che permise alla bambina di capire che tutto quello che mettiamo nella nostra vita è frutto di scelte, non di casualità o fortune o divinità, ma di scelte personalissime e LI-BE-RE.

Dopo Mafalda vennero tanti altri libri, tanti, tanti quanti un occhio può abbracciare dentro una stanza bella grande, figuriamoci due (occhi).
Ma il “libro di volta”, ovvero il libro che avrebbe segnato un punto luminoso sul quale reggere tutta una vita di pagine e parole, capitò alla bambina –di nove anni- nel modo più inaspettato: in casa, un giorno qualunque in cui lei cercava disperatamente qualcosa da leggere che non fossero le etichette delle bottiglie.
Sul letto di  una sorella, buttato lì, c’era un libro giallo con un albero maestoso in copertina (un altro). Vederlo, leggerlo ed innamorarsi della storia furono un’unica azione-reazione. Da quel momento per tutti gli  anni a seguire, la bambina ebbe dentro di sé l’immagine ispiratrice di un Barone rampante che si ribellava alla regolarità della vita come noi la conosciamo e si arrampicava sugli alberi, senza mai scenderne, fino all’ultimo giorno della sua esistenza. Calvino, attraverso quel magico scritto, le aveva dato il sunto di tutte le cose che dovevano, dovevano esistere nel viaggio di ogni persona nella foresta solitaria che è la vita: passione, libertà, libri, amore, conoscenza, divertimento, disperazione, coraggio, sogni.  In poche parole, Calvino le aveva dato una perfetta, inimitabile, preziosissima  descrizione della vita e le aveva sussurrato l’immortalità di personaggi come Mino.

Oggi la bambina si è rovinata schiena e vista a furia di leggere, ma non smette di farlo, ed è contenta di avervi regalato i suoi primi tre libri della vita (anche se ci ho messo un po’ a convincerla a farlo, gelosa com’è delle sue cose). Da sempre ricerca una Nonna sul melo, una Mafalda, un Barone rampante con cui condividere passioni, sogni, amore, divertimento, libri, drammi; ne ha incontrati alcuni, altri li ha solo intravisti, altri ancora li ha spiati e, infine, li ha lasciati andare.
Tutto qui. La storia non ha nemmeno un finale: ve l’avevo detto, è una storia così. In fondo, su un pianerottolo cosa succede? Ci si incontra, ci si saluta, e poi ognuno apre la sua porta e se la richiude alle spalle.

Buongiorno, come sta?
Molto bene, e lei?
Anch’io, grazie davvero. Che caldo fa, oggi!
Vero? Uff! E la famiglia?
Bene… Mi scusi, ho l’acqua sul fornello.
Allora arrivederci.
Sì, certo. Saluti a casa!
E la vita torna dentro il libro, in attesa della prossima magia.


                                                 









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