martedì 21 maggio 2013

L'uomo sbagliato


Come i jeans a zampa



Da quando sono in grado di rapportarmi con altre donne in modo accettabile, e cioè senza correre dalla maestra ogni volta che l’amica del cuore mi tira i capelli (in effetti non è passato molto), ho constatato con un certo disappunto che il novanta per cento delle ragazze che conosco passa la vita a cercare l’”uomo giusto”.
Non mi dilungherò sulla tristezza dell’impiegare la propria esistenza concentrando buona parte delle energie fisiche e mentali in un’attività che ha per soggetto l’uomo-maschio. Piuttosto, se mia figlia si rivelasse –ahinoi- una specie di Cenerentola, mi sentirei in dovere di avvisarla: per quanto tu possa impegnarti in questa deplorevole ricerca, prima di trovare l’uomo giusto incapperai almeno una volta in un uomo “sbagliato”.

L’avvertimento sembra inutile, o quantomeno inadeguato: perché smontare così i sogni d’amore e le speranze di un futuro a due di una giovane non ancora disincantata? Le infatuazioni effimere non sono la cosa migliore che ricordiamo della nostra adolescenza?
No. Mi spiace, ma non lo sono. Al contrario, tra i tredici e i diciotto anni si commettono errori madornali, tanto nel look quanto nelle relazioni sentimentali, di cui si vorrebbero dimenticare circostanze e ragioni. E la cosa grave è che il novanta per cento delle donne che conosco, tutte dai venti in su, non si sono mosse da quella paludosa situazione di totale cecità nei confronti di un amore “sbagliato”, tanto che la palude diventa pericolosamente simile, giorno dopo giorno, a delle sabbie mobili.

Un tempo il primo fidanzato era anche l’unico: il compagno di banco delle elementari, se ben coltivato, diventava per tacito accordo il partner fisso nei balli del paese ed infine un marito più o meno apprezzabile –non stava alla donna giudicare se lo fosse.
Oggidì, la prima cotta è un tenero ricordo, la seconda un ricordo, la terza un tenero imbarazzo. Dalla quarta in poi, meglio tappare le orecchie ai genitori astanti. Lupus in fabula, ecco che arriva un uomo che sembra quello giusto e che ha tutte le carte in regola per farci perdere la testa: piacevole alla vista, compagnone, motorizzato, possibilmente artista e amante della vita notturna. La pecca del bel principe rocker, purtroppo, non salta all’occhio ed è l’intelligenza. Scarseggiante. Quasi borderline. Non parlo dell’intelligenza “scolastica”, parlo di quella “umana”. Se, come vuole il vecchissimo amico Aristotele, l’anima si cela in ogni cosa che ha la vita in potenza, il nostro innamorato dev’essere uno zombie perché -lo scopriremo a caro prezzo- egli non riesce ad avere con una donna un rapporto rispettoso e duraturo. Anzi, quante volte ci ritroveremo lasciate, deluse, portate in Paradiso e poi scaraventate giù, fuori da un mondo che credevamo ormai nostro per sempre?
Ed ogni volta che lui torna, lei è lì che lo aspetta e lo accoglie a braccia aperte, crocerossina, madre sostituta, analista non pagata e amante insoddisfatta, solo perché si è convinta che lui sia l’unico, il migliore: una persona sulla quale sono state investite tante energie è in qualche modo “imperdibile”.
E’ come per i vestiti delle mode passate: le seguiamo un po’ tutte, dal totale white al total black, passando per la nuca rasata, l’ombretto verde cremoso, lo stile hippie e le zeppe altissime, ma nel momento in cui esce una particolare mise che adoriamo e sulla quale lavoriamo per un po’ di tempo, tendiamo a indossare sempre quella, anche quando passa di moda. Anche quando non ci sta affatto bene e nessuno ha coraggio di dircelo.
Esempio: se ritornassero i jeans a zampa, che solo chi ha un fisico da avatar può portare senza sembrare un elefantino, li compreremmo di nuovo, e li compreremmo altre cento volte, benché, in fondo al nostro cuore, fossimo consapevoli che non fanno per noi.
Lo sappiamo sempre quando l’uomo è sbagliato, al di là di tutte le scuse, perché le donne sanno sempre cosa fa per loro e cosa è meglio lasciare sullo scaffale del negozio: siamo state abituate a cavarcela da sole, anche se genitori e società vogliono farci credere il contrario, e così riusciremo ad andare avanti fino all’incontro con l’uomo giusto, se capiterà.
Nel frattempo, ringraziamo tutte in coro la sfilza di uomini sbagliati che ci hanno rese forti e bravissime a selezionare, mettiamoli nel sacco della Caritas e lasciamoli andare senza pensarci più, e tanti auguri alla malcapitata che dovrà indossarli dopo di noi.
Ma la vita è così. Sbagliando si impara.

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