Io ho scelto di essere libera
Vi capita mai di chiedervi cosa sarebbe successo se aveste
fatto scelte diverse da quelle che vi hanno portato fino a dove siete oggi? O
come sarebbe la vostra vita se vi fosse
capitato qualcosa di molto distante da ciò che immaginavate per voi?
Che aspetto avrebbe, infine, quel gioiello –prezioso o di
bigiotteria- che compone la nostra storia, con i suoi fili di perle e le
applicazioni di paillettes che si scollano subito?
Sin dall’infanzia siamo costretti ad operare scelte: volenti
o nolenti, il susseguirsi incessante degli events ci impone di prendere il toro
per le corna, oppure di scappare, oppure di subire passivamente la carica.
Dalla scelta del migliore amico, che a volte (per chi è molto fortunato)
avviene tra i tavolini minuscoli dell’asilo, alla materia preferita (che si
scopre di solito alle elementari), dal primo fidanzatino ufficiale alla
difficile decisione di iscriversi ad una scuola superiore piuttosto che a
un’altra.. da quando siamo in grado di soffiarci il naso da soli, e forse anche
un po’ prima, la nostra quotidianità è oberata di ragionamenti o istinti o
flussi indomabili che determinano quello che saremo, quello che siamo e quello
che saremo stati quando qualcuno penserà a noi tra una manciata di lustri.
Era una buona donna, si dirà di alcune persone: ho
sempre trovato questa frase un po’ equivoca.
Un uomo tutto d’un
pezzo. Credo di non
aver mai capito bene il sensi di questa immagine… E se uno in vita non è stato
molto coerente, che diranno i postumi? Un
uomo spezzatino…
Nei necrologi confidenziali, quelli sussurrati nelle ultime
file ai funerali, anche chi è stato un benemerito pirla viene compatito quasi
alla stregua di un martire: Aveva un
carattere particolare, forte. Un creativo : vale a dire che era un
rompipalle da paura.
Una signora vivace, di
spirito… un peperino.
Uguale: ‘na zoccola.
Ma i vari pettegolezzi da canonica non conteranno più di
tanto, per noi: primo perché non li potremmo sentire nel caso in cui ne fossimo
il soggetto, secondo perché –e qui vi
voglio convinti- noi saremo fieri delle nostre scelte, pertanto impermeabili ai
giudizi delle malelingue.
La parola scegliere
deriverebbe da una serie di modificazioni che trovano la loro radice madre nel
nostro amico latino, e precisamente nel verbo ex-eligere, ovvero eleggere
qualcosa separandola dal resto. Quando si elegge qualcuno, di norma si tratta
della persona più adatta a ricoprire l’incarico in questione, la migliore. Ciò
significa anche trarla dalla massa e renderla altro da essa: migliore ma anche
separato, staccato. Quando scegliamo, cerchiamo sempre di farlo per il meglio,
ma non pensiamo mai che stiamo anche escludendo le altre possibilità, e che le
stiamo “spingendo via” da noi.
E’ questa la parte dolorosa ed insieme follemente bella della
vita: accumulare esperienze come perle di una collana, strappandole all’ostrica
che le ha generate non senza rammarico per il gesto che compiamo; applicare
lustrini al posto di quelli che si sono persi per via, lasciando indietro ciò
che è impossibile recuperare; creare dal nulla un torchon fatto con le anime a
noi più care, faticosamente selezionate a scuola, in gita, in viaggio, al
lavoro, a tavola, al bar.
E se non avessi conosciuto quella bambina coi capelli ramati
amante dei bruchi, tanto tempo fa? Come sarebbero adesso i miei rapporti
d’amicizia? E se l’architetto sexy fosse finito in un’altra classe, alle scuole
medie? Chi vivrebbe con me in questa casa, adesso? E se non avessi fatto il
liceo classico… saprei leggere la realtà come sto facendo, o sarebbe più
facile? O più difficile? E se avessi deciso di sottostare alle regole
cattoliche, patriarcali e predestinanti che m’imponeva la cultura del luogo in
cui sono nata e cresciuta, che tipo di persona sarei alla soglia dei
trent’anni?
E se… E’ un incipit che non mi piace. Preferisco
il classico: In una notte buia e
tempestosa… E preferisco che, verso il trentesimo capitolo, la protagonista
affermi: IO ho scelto di essere libera.
L’unica catena che porto è il punto luce.
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